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C'è un buio che fa più paura

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view post Posted on 27/6/2008, 12:32
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Nel 1993 nasceva il genere dei survival horror. Un tipo di videogame che hanno molto in comune con i film dell'orrore. Nel senso che hanno un obiettivo facile facile: fanno paura. Quindici anni fa – come del resto anche oggi – non era una questione di effetti speciali. C'erano i personal computer con i microprocessori 386 e 486, non erano delle schegge e la grafica neppure si avvicinava ai livelli di una Xbox 360 o di una Ps3. Nonostante questo già allora Alone in the Dark faceva paura. Lo schermo era tutto buio, ci si muoveva con una pila e da un momento all'altro succedevano cose che facevano sobbalzare sulla sedia. In questi quindici anni altri titoli ci hanno fatto rimanere con il fiato sospeso davanti ai pc. Come ad esempio Resident Evil, Silent Hill, Rule of Rose o il recente Condemned. Questo nuovo episodio promette anch'esso di far paura. Questa volta Edward Carnby (una sorta di Dylan Dog d'Oltreoceano) dovrà svelare i segreti di Central Park a New York. Lo farà di notte, scoprendo che quando cala il buio strane e mostruose creature vengono alla luce.
Messa così la trama dice poco. Come del resto un po' tutte le trame dei film horror. Quello che invece rende questo titolo potenzialmente interessante è che è stata scelta una struttura a episodi in stile serial tv. Il racconto quindi si dipanerà con un respiro più ampio rispetto a molti dei videogiochi in circolazione. Il che consentirà di arricchire la trama firmata da Lorenzo Carcaterra, autore di Sleepers e sceneggiatore di Law&Order, con nuovi personaggi e intrecci. Insomma, renderà il videogioco potenzialmente seriale. E potenzialmente interessante per chi studia il mondo dei videogame.
A chi invece gioca e basta, senza porsi troppe domande, come è normale che sia, va ricordato che stiamo parlando di un videogame vietato ai minori di 18 anni. Avviene lo stesso per alcuni film horror particolarmente spaventosi.
Ma più spaventosa del gioco è la statistica emersa da un'indagine condotta da Swg per il Moige. Solo il 25% dei genitori conosce e utilizza il Pegi, il sistema di classificazione dei videogiochi adottato in Italia che indica per ogni singolo prodotto l'età consigliata sulla base del contenuto, mentre il 60% non lo conosce o ne ha solo sentito parlare. Tra i genitori con figli piccoli, meno di uno su tre controlla il Pegi, ovvero sa decifrare il significato di un 18 su sfondo rosso. Questo fa paura veramente.

Fonte: il sole 24 ore
 
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